Influencer Marketing, nuovo passaparola
Sempre più spesso, surfando tra le pagine dei nostri social networks preferiti, ci capita di vedere che i personaggi che hanno più “seguito” promuovono dei prodotti suggerendoci codici sconto e link per l’acquisto: dalla nuova bevanda energetica, al marsupio high tech, la maglietta stilosa, la box contenente dei prodotti per i nostri amici gatti.
Questa tecnica ha un nome: Influencer Marketing, ovvero un insieme di attività che prevedono il coinvolgimento di un testimonial che, spesso dietro compenso, testi i prodotti, ne comunichi le qualità ai suoi followers, e garantisca per il brand.
Evoluzione e fusione del vecchio e analogico “passaparola” e della televendita, punta sulla fiducia che le persone ripongono su determinate figure di spicco, che vengono identificate ed analizzate per poter indirizzare strategie ben delineate di “influenza”, a seconda del loro ramo di appartenenza.
Esistono, secondo uno studio condotto dalla piattaforma Traackr, dieci archetipi di influencers:
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La celebrità: Decisamente la figura con maggior seguito, ma più tradizionale e “old school”.
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L’autorità: La sua opinione è considerata molto credibile nel suo settore di riferimento, ed ha un buon seguito. Solitamente, è alla ricerca di offerte diano “valore aggiunto” per la sua community.
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Il connettore: Un ponte tra più gruppi sociali, capace di creare relazioni tra più “reti di persone”, cerca di ingrandire la sua ragnatela sempre più.
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Il personal brand: Come fa capire la parola stessa, il proprio nome è la propria fonte di guadagno. Il suo obiettivo è far crescere l’audience, la visibilità e soprattutto la reputazione.
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L’analista: Ha fame costante di dati: per questo un’azienda intenzionata a coinvolgerlo dovrà essere in grado di fornirgli informazioni e materiali su cui basare le sue analisi.
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L’attivista: È uno degli “archetipi” di influencer più difficili con cui un brand possa rapportarsi. Si tratta di una figura contraria per natura ad ogni logica di business e di mercato. Le aziende interessate possono sfruttare a loro vantaggio questa loro “crudità”, soprattutto in ottica di sostenibilità sociale.
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L’esperto: È una figura quasi narcisista, tiene moltissimo al proprio parere e a come esso venga visto dal pubblico, e ricerca aziende che si facciano portavoce dei suoi pensieri presso i propri clienti.
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L’insider: Un esperto 2.0, una figura che spesso “tiene le mani nella marmellata” nel suo settore di influenza, e col quale è bene tenere della distanza, senza invadere lo spazio di azione e “sovrastarlo”.
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Il distruttore: O meglio, l’anti-influencer, quello che per l’azienda ha sempre una parola, spesso non buona. L’approccio migliore con lui è quello della “mente aperta”, cercando di costruire dei dibattiti costruttivi che abbiano della sostanza.
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Il giornalista: un animale cacciatore, sempre alla ricerca di scoop, e che può essere ammansito da delle succose anticipazioni aziendali. Ha un foltissimo pubblico al suo seguito, che ne condivide punti di vista e critiche.
Secondo un recente studio realizzato da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media, sono circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e i 54 anni che hanno scelto di seguire almeno un influencer; e di questi, il 48% segue un “macro influencer”, ovvero persone o brand con profili social di spicco nelle community di riferimento, riconosciuti come autorevoli in nove campi specifici: salute e benessere, famiglia e figli, intrattenimento, tecnologia e scienza, bellezza e personal care, fashion, food e beverage, viaggi e turismo, auto e moto. E, alla domanda “perché si segue un influencer?”, le risposte più comuni sono: “per i consigli che può dare” (54%, soprattutto per ciò che concerne il food) oppure in quanto esperto di singoli argomenti (51%, tecnologia e motori) oppure perché si prende come modello di riferimento con cui identificarsi (19%, fashion e famiglia).
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